E’ meglio andare a lezione o studiare sui libri a casa?
Mi alzo prima delle 7, prendo il treno, arrivo all’università, seguo diverse lezioni, ma non riesco a tenermi in pari con i programmi svolti dai docenti. Debbo dire che andando a lezione ho fatto dei nuovi amici (e questo mi piace molto), ma la sera arrivo a casa così stanca, dopo tutta una giornata in giro, che non ho più le energie per studiare. Comincio a sentirmi in ansia: si avvicina l’epoca degli esami e ho paura che non sarò pronta. A volte ho la sensazione che forse sarebbe meglio che io me ne restassi a casa a studiare sui libri piuttosto che perdere tempo all’università. Lei che ne pensa? Gaia
Per valutare se le convenga passare la giornata all’università o restare comodamente a studiare a casa, cara Gaia, inizio a fantasticare su di lei…
Se arriva in aula trafelata, magari con dieci minuti di ritardo, perdendo l’iniziale elenco degli argomenti del giorno e, quindi, annaspando per un po’ senza cogliere il tema della lezione;
se dimentica a casa le dispense del corso e non può seguirvi una lunga citazione che il docente vi legge, perdendo così il significato del suo commento;
se segue in modo intermittente il professore che parla, buttando l’occhio verso il sole che entra dai finestroni, rilassandosi al ricordo della bella pizza del giorno prima con una persona importante per lei o riflettendo sul difficile acquisto della lampada per il suo scrittoio;
se prende così pochi appunti che poi rileggendoli non riesce a tirarne fuori il filo del discorso…e magari - che sfortuna - ha una sola penna che si scarica proprio all’inizio della lezione;
se non si sforza di fare domande all’insegnante in classe, e neppure, tra una lezione e l’altra, di chiedere spiegazioni ai suoi vicini su argomenti che risultano oscuri e sistemare così gli appunti sul quaderno;
se trascorre tutte le ore vuote, senza lezioni, tra caffè, panini, sigarette, cellulare e amene e occasionali chiacchiere…
allora sì, lei ha ragione, è poco utile andare all’università e le converrebbe, invece, restare al tavolo di casa con i libri degli esami, affrontandoli capitolo dopo capitolo, senza lo scomodo di alzarsi così presto e il disagio di un’intera giornata fuori casa.
Gaia, dalle sue parole posso solo fare delle ipotesi. Forse non sa organizzarsi? Forse ha difficoltà di concentrazione? Forse non conosce i meccanismi dell’apprendimento? In ogni caso, non si preoccupi, cerchi di capire i suoi problemi: vedrà che un po’ per volta riuscirà a superarli. Qui, oggi, vediamo solo una di queste ipotesi: la sua fatica a tenere la testa sui contenuti delle lezioni, cioè la sua tendenza a distrarsi.
La distrazione è un caratteristica non solo degli studenti, ma di tutti. Una ricerca dell’Università di Harvard prova che quasi la metà del tempo in cui siamo svegli la trascorriamo pensando ad altro rispetto all’attività in cui – apparentemente – siamo applicati (mind wandering). Trascorriamo il 47 % delle nostre giornate “da distratti”: la mente gironzola, divaga, se ne va sulle nuvole, allontanandosi dalla realtà tutte le volte che non siamo coinvolti, cioè tutte le volte che facciamo qualcosa che non ci piace, non ci interessa o è troppo difficile per noi (… e questo divagare della mente non ci rende felici). La lezione di un docente, magari poco dotato di comunicativa, è un ottimo spazio per la distrazione, ma è possibile imparare a controllarsi e rendere proficua una mattina all’università.
In inglese le persone efficienti, come i migliori studenti, vengono spesso etichettate goal directed, cioè non disperse tra tremila fronti, ma rivolte verso obiettivi precisi, cioè persone che tagliano via ciò che fa perdere tempo… In italiano non abbiamo un’espressione equivalente, ma il concetto è chiaro. Se passiamo la nostra giornata all’università, dobbiamo essere determinati e in modo accanito proiettarci verso le nostre mete, i nostri compiti di studenti: preparare gli esami. Dobbiamo seguire le lezioni con attenzione, farci un piano e, ogni giorno, concentrarci su un certo numero di temi e problemi, fino a dominarli. Arrivati alla sera, ci sentiremo contenti se, diversamente dalla sera precedente, sapremo con chiarezza, per esempio, le fasi dell’evoluzione dei bambini secondo Piaget o il concetto di struttura in Lévi-Strauss o la classificazione dei tipi di scrittura nel mondo secondo Giorgio Raimondo Cardona…
Gaia, rilegga sopra l’elenco dei “se” e provi a ragionare. Se non cambia i suoi comportamenti nelle sue ore all'università - nel nostro gioco ipotetico -, lei ha ragione, è inutile affrontare la calca del treno e la pioggia dell’inverno. Ma ricordi che, anche se resta a casa, dovrà sempre essere goal directed con i suoi obiettivi ben presenti.